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Non punizione ma purificazione

Come tutti gli eventi riportati nella Torà, anche quello del diluvio, narrato nella parashà di Nòakh, va studiato e analizzato come veicolo di grandiosi insegnamenti.

Nell’opera Torà Or, l’Alter Rebbe spiega che il diluvio non è stato semplicemente la punizione per la corruzione in cui era sprofondato il mondo; se fosse stato così, Ha-Shèm avrebbe potuto scegliere fra infiniti altri sistemi punitivi.

La scelta di mandare sul mondo il diluvio indica che il fine non era esclusivamente quello di castigare gli uomini dell’epoca.

Diluvio e mikvé


I quaranta giorni del diluvio corrispondono ai quaranta seìm (unità di misura dei liquidi) che contiene il mikvé.

Quando una persona - prosegue Torà Or - si trova immersa nelle preoccupazioni e negli imprevisti della vita, diciamo che essa “naviga in cattive acque” o in “acque agitate”; l’effetto di queste “acque” è lo stesso delle acque del diluvio: raffinare e ripulire l’uomo dalle sue componenti negative e dannose.

Il nesso tra i problemi della vita, il diluvio e il mikvé può essere, quindi, visto in questa luce.

Il significato esoterico del mikvé è l’annullamento della propria persona; la vasca, infatti, contiene una quantità d’acqua in grado di coprire tutto il corpo.

L’immersione nel mikvé rappresenta il concetto di annullamento assoluto, al punto che neanche un capello può restare fuori dall’acqua. Le lettere della parola ebraica tevillà (immersione) sono le stesse della parola habitùl (annullamento) di colui che riesce a trascendere il proprio ego sottomettendosi alla volontà di Ha-Shèm.

Analogamente, le preoccupazioni quotidiane, anche se infastidiscono e talvolta confondono l’uomo, lo costringono ad analizzare la situazione andando oltre i propri ristretti schemi mentali e a rendersi conto che esiste una realtà oltre al proprio io.

Con questa presa di coscienza l’uomo cresce, si eleva e si avvicina a Ha-Shèm.

Ampliare gli orizzonti

Il fine ultimo delle difficoltà non è, quindi, quello di punire l’uomo.

La punizione di Ha-Shèm non è mai fine a se stessa, ma ha lo scopo di raffinare l’uomo e di purificarlo dagli elementi impuri e, attraverso ciò, di migliorarlo ed elevarlo a un livello superiore.

Ciò di cui bisogna rendersi conto è che non necessariamente tutto questo va ottenuto tramite il “diluvio”, ossia tramite un castigo; l’uomo stesso può, da solo, ampliare i propri orizzonti e superare il proprio egoismo, ottenendo, in modo positivo, lo stesso risultato che altrimenti raggiungerebbe attraverso esperienze che possono essere vissute in modo spiacevole.


Tratto da Bereshìt di Mamash, pagina 696 Likkuté Sikhòt vol. I, p. 4, a cura di Rav Shlomo Bekor, 2010.
 

Pubblicato lunedì 1 agosto 2011 alle 04:55:18

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