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offri il meglio di te stesso

rav Shmuel Rodal

La parashà ci narra che Noè portò nell’arca una coppia di ogni specie di animali, ma aggiunse degli animali e del pollame kashèr (Rashì a proposito di Bereshìt 7, 2) per poter offrire sacrifici al Signore.

Quando egli lasciò l’arca, dopo il cessato diluvio, realizzò il suo proposito come dice la Torà: “E Noè edificò un altare al Signore… offrì olocausti sull’altare” (Bereshìt  8, 20).

Nella parashà di Bereshìt viene narrato un fatto, degno di meditazione, riguardante i korbanòt, ossia i sacrifici. La Torà racconta (Bereshìt 4, 34) che tanto Caino quanto Abele fecero le loro offerte al Signore. Abele, che era pastore, offrì in olocausto dei primogeniti del suo gregge, mentre Caino, che era agricoltore, offrì al Signore alcuni frutti della terra di qualità piuttosto scadente. L’Onnipotente accettò l’offerta di Abele, ma respinse quella di Caino.

Nell’episodio è importante notare come, sebbene Caino avesse offerto spontaneamente in dono al Signore il frutto della sua fatica, questo non venne accettato perché non aveva dato il meglio! Nel menzionare l’episodio di Caino e Abele, Maimonide scrive: "Quando diamo cibo ai bisognosi, dovremmo dare quanto di meglio e di più squisito c’è sulla nostra mensa; con i migliori indumenti del nostro guardaroba dovremmo vestire gli ignudi; e quando innalziamo un santuario per la preghiera, dovremmo renderlo più bello della nostra casa poiché è scritto: "… tutto il meglio… è per l’Onnipotente!" (Vaiykrà 3, 16).

Allo stesso modo, la parte migliore della nostra giornata è quella delle prime ore del mattino, quando il nuovo giorno ci trova freschi e riposati.

Sono queste le ore che dovrebbero essere dedicate alla preghiera e allo studio. Non appena l’ebreo si desta, egli riconosce D-o come suo Creatore recitando il Modè Anì. Poi, dice in piedi le preghiere al cospetto dell’Onnipotente. In seguito, egli si immerge (e sia pure per un tempo limitato) nello studio della Torà e solo dopo, quando ha dato la sua parte migliore a D-o, l’ebreo si dedica alle sue faccende quotidiane.

Quando negli Stati Uniti furono istituite le prime scuole ebraiche, si trattò di decidere quale parte del giorno dovesse essere dedicata allo studio della Torà e quale agli studi secolari. Il precedente Lubavitcher Rebbe, di santa memoria, insisteva nel dire che i bambini dovessero studiare la Torà nella prima metà del giorno, che è anche la migliore poiché …tutto il meglio… è destinato al Signore.

Questa norma può essere applicata alle stagioni della nostra vita. Gli anni migliori li dovremmo dedicare all’Onnipotente; lo studio della Torà non deve essere rimandato agli anni della vecchiaia come pensano alcuni, i quali ritengono che soltanto allora potranno dedicarsi allo studio e andare regolarmente alla sinagoga.

Gli anni migliori sono quelli dell’infanzia e della prima gioventù, quando non sentiamo ancora il peso delle responsabilità che incombono sugli adulti, quando non siamo ancora presi dall’ingranaggio del lavoro e degli affari. Inoltre, la gioventù è libera dalle preoccupazioni e dagli impegni verso la famiglia e la società. Questi anni spensierati della giovinezza, gli anni migliori, dovrebbero essere dedicati allo studio della Torà di D-o e delle mitzvòt.


Fonte: Saggio basato su Likkuté Sikhòt vol. II, pp. 326-328; pubblicato in Il Pensiero della Settimana.
 

Pubblicato venerdì 29 luglio 2011 alle 09:29:38

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