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Chi passa oggi per il Portico d’Ottavia può indossare un visore e vedere il Ghetto com’era. Vicoli, case, sinagoghe, botteghe. Ricostruiti in 3D, con la tecnologia della realtà aumentata.
Si chiama “Bené Romi – Figli di Roma”, è promosso dalla Comunità Ebraica di Roma e curato dallo studio Centounopercento, con contenuti realizzati da Storielibere. I visori si trovano direttamente in piazza — basta inquadrare il QR code sui totem e iniziare il percorso.
Non è solo uno strumento per turisti. È un modo nuovo di fare memoria. Si ascoltano le voci di chi ha vissuto lì: come la storia della “Vigna del Papa”, un giardino nascosto dove un tempo si coltivava per i Papi, e dove oggi si cammina ignari sopra un frammento di vita ebraica.
“Una comunità antica si affida alle più moderne tecnologie per far rivivere un’epoca in cui l’identità ebraica si è forgiata anche nella difficoltà”, ha affermato il Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Victor Fadlun.
Ma la storia non è finita.
A pochi passi dai visori, al nostro Bet Chabad, si vive ancora nel presente la tradizione ebraica, con tefillin messi al volo prima del lavoro, una lezione di Parashà tra turisti e commercianti, o un Kiddush del venerdì sera che unisce giovani e anziani sotto le stesse pietre antiche.
Chabad Italia accoglie con entusiasmo questo splendido progetto di ricostruzione della memoria e lo sente profondamente vicino al proprio impegno:
onorare il passato, vivere il presente, costruire il futuro.
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