La Stampa: Al parco di Brooklyn la pace corre sull’iPod
Yossi Garelik, che invece è un chassid di Lubavitch originario della Russia, ama ripetere: «Se Hitler fosse vivo vorrei portarlo a fare un giro in auto da queste parti».
Anche i Lubavitch sono dei sopravvissuti, ma dalle persecuzioni in Unione Sovietica. Josef Stalin li riteneva una fastidiosa presenza, li obbligava a chiudere le sinagoghe e a violare lo Shabbat. A migliaia furono uccisi, arrestati o deportati in Siberia.
Da qui la scelta di fuggire, da soli o a gruppi come riuscì a un intero treno di chassidim Lubavitch nel 1946 arrivando in Polonia con documenti che li descrivevano come «profughi sulla via del ritorno».
Nessuno di loro parlava polacco, fecero l’intero viaggio senza aprire bocca e se riuscirono a mettersi in salvo fu per l’abilità del chassid Leibel Motchkin nel corrompere i doganieri e falsificare le carte di identità.
La polizia segreta sovietica lo braccò per anni, riuscendo a catturarlo nel Caucaso e deportandolo in Siberia da dove, liberato dopo oltre 20 anni, arrivò a Crown Heights, Brooklyn, trovando ad accoglierlo il Grande Rebbe Menachem Mendel Schneerson che gli disse di contare d’ora in avanti la sua età scalando gli anni della prigionia.
Leggi l'articolo
Pubblicato domenica 20 giugno 2010 alle 18:48:48
|