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La cremazione, la prospettiva ebraica

Rav Menachem Lazar, Roberto Battistini

Il 26 luglio 2011, il corpo di Amy Winhouse, la celebre cantante ebrea, dopo una toccante cerimonia funebre è stato portato al Golders Green Cremato, per la cremazione. Con un 'urna' sotto il braccio, il vaso funerario utilizzato per contenere le ceneri umane, il rabbino Anchelle Perl, dimostra la sua ostinazione nel cercare di fermare il fenomeno in grave aumento delle cremazioni nelle comunità ebraiche.

"Purtroppo, dopo la cremazione di Amy Winehouse spero ancora una volta che i genitori includano nell'educazione ebraica dei loro figli", dice il rabbino Perl, "l'importanza del perché le cremazioni sono contro la legge ebraica."

Usando un sapiene mix di umorismo e di cultura, il rabbino Perl ha lanciato una campagna per diffondere il principio che la cremazione non è una scelta nella vita ebraica. 

Se un tempo persone di religione ebraica non la contemplavano come modalità di sepoltura, oggi, invece, negli Stati Uniti e in altri paesi viene praticata con una percentuale che tocca il 30%.

Secondo rav Moshe Lazar, responsabile della Chevrà Kadishà di Milano, in Italia la percentuale è molto più bassa, anche se il fenomeno è presente.

Il divieto

Dalla lettura della Torà si evince chiaramente che tutti, a partire dai nostri avi, sono stati sepolti nella terra. Il motivo è chiaro: l’uomo, originato dalla polvere, nella polvere deve tornare.

Quando viene istituita una comunità ebraica, una delle prime cose da realizzare è il cimitero ebraico. Coloro che assolvono a questo compito fanno parte della Chevrà Kadishà, ossia l’Associazione Santa.

In Devarìm 21,23 è scritto: “Lo seppellirete in quel giorno”; da questa affermazione possiamo imparare che il corpo deve essere sepolto nella sua interezza.

Come la Torà vieta qualsiasi azione rivolta alla mutilazione del nostro corpo, nega la possibilità di tatuarsi, vieta il suicidio, allo stesso modo anche dopo che una persona è morta non può danneggiare il suo stesso corpo: questo, infatti, appartiene a D-o, il quale lo concede “in prestito” all’uomo, che non ha il diritto di modificarlo, ma solo di restituirlo a Lui.

Per la cultura ebraica il rispetto del morto è un principio fondamentale, dal quale sono scaturite moltissime regole relative al trattamento del defunto.

Come esempio, possiamo ricordare che, dovendo ogni parte del corpo essere sepolta, la pratica dell’autopsia è vietata.

Perché la gente preferisce cremarsi?

Quale individuo può veramente desiderare che il proprio corpo venga bruciato dopo la morte?

Purtroppo il numero delle persone che sceglie la cremazione è in aumento, e uno dei motivi principali è il costo inferiore di questa pratica rispetto alla sepoltura tradizionale.

Di fronte a questa realtà, è bene ricordare che ogni sforzo economico teso a una giusta sepoltura per il morto, costituisce una grande mitzvà.

Un’ulteriore ragione, per cui oggi la sepoltura ebraica viene trascurata, è quella di evitare ai discendenti il dovere di fare visita al corpo del defunto e di occuparsi della tomba.

In questi casi, è possibile chiedere l’intervento di un rabbino  o della Chevrà Kadishà, in modo che essi possano fornire il loro supporto alla famiglia del defunto, garantendo a quest’ultimo una sepoltura ebraica, così come avviene da migliaia di anni per tutti gli ebrei del mondo.

Come possono esistere funerali ebraici con cremazione?

La recente scomparsa della cantante ebrea Amy Whinehouse ha fatto sorgere l’interrogativo sulla possibilità di avere contemporaneamente la cremazione e il funerale ebraico.

La risposta risiede nel fatto che, nel caso sopracitato, il rito funebre è stato officiato da un rabbino riformato. In Italia il non viene celebrato un funerale ebraico per chi decide di farsi cremare.

Nessun rabbino ortodosso dà il suo benestare alla cremazione: la sepoltura mediante rito ebraico è un aspetto così importante della vita ebraica che, se un genitore dovesse istruire il figlio per una sepoltura diversa, questi dovrebbe disubbidire.

Infatti, nel passaggio al mondo migliore, occorre avere la consapevolezza che l’anima stessa sarebbe d’accordo nell’impedire la cremazione.

Da ricordare, poi, che in passato è stato stabilito che, se un ebreo viene cremato, non può, di conseguenza, essere sepolto nel cimitero ebraico, ciò al fine di scoraggiarne l’abitudine.

I motivi per cui non si deve utilizzare la pratica della cremazione

Il rabbino Elchonon Zohn, direttore della Chevrà Kadishà statunitense e massimo esperto in materia, in un’intervista afferma che, quando viene contattato da una famiglia, che desidera per il proprio defunto la cremazione, egli, per convincerli a non compiere questo atto così grave di negazione della fede, parla della sopravvivenza dell’anima nell’aldilà e della resurrezione dei morti.

Non a caso, il cimitero, nella lingua ebraica, viene definito Bet HaChaym, “la casa dei viventi”, proprio come affermazione del credo nella vita eterna delle anime, che in tale luogo riposano.

Avere fiducia nel Creatore del cielo e della terra, che ha chiaramente ordinato all’uomo di essere sepolto, significa anche credere in un mondo di eterna verità, nella ricompensa, nella punizione e nella Resurrezione Finale, che rappresenta l’ultimo dei “Tredici principi di fede” di Maimonide.

La Cabalà, inoltre, insegna che, dopo la morte, l’anima rimane vicino al corpo, sente le eulogie che vengono pronunciate, vede i presenti che vanno a porgere l’ultimo saluto, e una parte rimane nella tomba.

Anche per i familiari la sepoltura è importante, perché solo con essa si assiste a una vera chiusura dei legami terreni con il defunto, rimanendo questo, però, in un luogo in cui i parenti possono recarsi a pregare, mantenendo viva la memoria.

Rabbi Maurice Lamm, nella sua opera The Jewish Way in Death and Mourning, conferma che la pratica della cremazione non può essere ammessa in alcun modo: l’atto stesso di ridurre in cenere il corpo dei defunti, costituisce una violenza allo spirito e alla legge ebraica. Lo storico Tacito riconobbe come gli ebrei detestassero l’uso pagano della cremazione sulla pira funebre, preferendo la sepoltura dei loro morti.

In sintesi, si può affermare che l’approccio ebraico alla morte rappresenta una parte di una più ampia filosofia di vita, che vede nel corpo umano una componente fondamentale del Servizio Divino di una persona, tale che, anche se il corpo non è più vivo, debba ugualmente ricevere rispetto e considerazione.

Dopo l’Olocausto, la cremazione venne facilmente e simbolicamente associata ai nazisti, per cui scomparve in larga misura; ora, dopo anni, questa associazione di idee è andata sempre più affievolendosi.

Oggi, come migliaia di anni fa, rimane pertanto indispensabile che la memoria rimanga viva insieme alla tradizione, proprio per evitare di vedere smarrita l’identità millenaria dell’ebraismo che, anche nella sepoltura, rivela un profondo significato spirituale, connesso direttamente con la luce divina del Creatore.

Che D-o non voglia che si interrompa questo eterno legame.

Pubblicato lunedì 1 agosto 2011 alle 14:49:26

 
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